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Il percepito

Il percepito

La fotografia non è mai solo uno scatto. Ogni immagine porta con sé un messaggio, un significato che si stratifica tra ciò che è reale e ciò che viene percepito dall’osservatore. Ma quanto di questo messaggio appartiene realmente alla scena ritratta e quanto invece è il risultato della nostra interpretazione soggettiva?
Viviamo in un mondo visivo, sommersi da immagini che ci comunicano emozioni, storie e concetti. Eppure, la verità di una fotografia non è mai assoluta. Due persone possono osservare la stessa immagine e coglierne significati opposti. Questo accade perché ogni spettatore porta con sé un bagaglio culturale, emotivo e personale che filtra la realtà attraverso la propria sensibilità.
Il fotografo compie sempre delle scelte: cosa includere e cosa escludere dal frame, che luce utilizzare, quale prospettiva adottare. Tutti questi elementi influenzano il modo in cui l’immagine viene percepita. Una scena può essere ritratta in modo crudo e realistico oppure trasformata in un’opera evocativa, ricca di simbolismi. Il confine tra documento e interpretazione diventa così sottile, lasciando spazio alla riflessione su quanto sia oggettivo un messaggio visivo.
Il senso di un’immagine si costruisce nell’incontro tra l’intenzione di chi la realizza e la sensibilità di chi la osserva. Un fotografo può avere un’idea chiara del messaggio che vuole trasmettere, ma non può controllare completamente come questo verrà recepito. Lo spettatore legge l’immagine attraverso il proprio vissuto, talvolta scorgendo significati che vanno oltre le intenzioni originarie dello scatto.
Questo fenomeno ci porta a una domanda fondamentale: un’immagine appartiene più a chi la crea o a chi la osserva? La risposta risiede in un equilibrio tra comunicazione e interpretazione, tra l’autore che propone e il pubblico che rielabora.
Essere consapevoli di questa dualità tra percepito e reale aiuta ogni fotografo a scattare con maggiore intenzionalità. Comprendere che un’immagine non vive solo nel momento dello scatto, ma continua a esistere attraverso gli occhi di chi la guarda, significa accettare che il significato può cambiare, evolversi, adattarsi a nuovi contesti.
La fotografia è un dialogo, non una dichiarazione unilaterale. Il suo potere risiede proprio in questa ambivalenza, nella capacità di raccontare e, allo stesso tempo, di lasciare spazio all’immaginazione di chi osserva. E forse è proprio questo il suo fascino più grande.

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